Con pronuncia n.31590/2023, la Suprema Corte di Cassazione chiarisce che il decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, ricade nella tassazione di cui all’art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. Pertanto, si applica l’imposta di registro in misura proporzionale sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.
La contestuale assunzione delle passività rappresenta un effetto legale naturale del decreto di omologa del concordato con terzo assuntore e come tale non autonomamente assoggettabile a tassazione, ex art. 21, comma 3, D.P.R. del 26 aprile 1986, n. 131.
In applicazione del citato art. 21, comma 3, l’accollo delle passività di cui al decreto di omologa del concordato non è oggetto di tassazione. L’importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta di registro.